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Intervista a Roberta Frison

Intervista alla Dr.ssa Roberta Frison - Direttore Istituto MEME

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D1 - Perché un giovane interessato a diventare psicoterapeuta dovrebbe scegliere questa scuola? In che cosa si differenzia dalle altre?

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L’aspetto di originalità di questa scuola è innanzitutto il fatto che è molto aperta a tutti gli approcci, nel senso che favorisce il dibattito critico e il confronto con orientamenti diversi. Quello che si cerca di trasmettere agli allievi non è tanto o solo un insieme di contenuti (che possono essere reperiti anche sui libri) ma un metodo, cioè ci si sforza di trasmettere una modalità non dogmatica con cui valutare tutte le teorie e le tecniche della psicoterapia. Se un giovane apprende questo metodo, se lo interiorizza, diventerà più autonomo, e nel corso della sua carriera professionale saprà muoversi con maggiore agilità nel complesso mondo della psicoterapia, fatto di mille concezioni e idee diverse, farsi un’opinione indipendente e contribuire con le sue osservazioni al progresso della psicoterapia.

D2 - Questo vuol dire che questa scuola non ha una sua identità teorica?


 

Tutt’altro, ha un’identità teorica precisa, e gli allievi la conosceranno bene. La sua identità – come si diceva – consiste più nel metodo che nei contenuti. Comunque, per quanto riguarda l’orientamento dei docenti, essi sono per la maggior parte di orientamento psicodinamico, ma vi sono anche docenti di altri orientamenti, e questi docenti per noi sono preziosi perché ci permettono di esporre gli studenti a stimoli diversi, che verranno poi discussi all’interno della scuola, sia gli esponenti dei rispettivi orientamenti sia con i docenti che costituiscono il nucleo stabile della scuola.

D3 - Ma non si rischia in questo modo di trasmettere insicurezza a un allievo che inizia un percorso formativo, e che quindi per questo vuole, almeno all’inizio, delle certezze?


 

Abbiamo ben presente le esigenze di sicurezza degli allievi agli inizi della loro formazione. Per questo abbiamo fatto in modo che non solo vi sia un sistema di tutoraggio attento e sensibile, ma ogni docente farà il possibile di cogliere tutti i momenti di insoddisfazione, e favorire il dibattito libero e anche critico verso la scuola stessa. Questo è dichiarato espressamente nel nostro sito Internet, ed è tra i punti più caratterizzanti della scuola. E poi va detta una cosa: riteniamo che sia peggio trasmettere false certezze, come a volte fanno alcune scuole, piuttosto che mostrare agli studenti la verità, e cioè che lo stato dell’arte della psicoterapia oggi è estremamente complesso. Non vi sono facili scorciatoie nel comprenderlo. Alla lunga, trasmettere false certezze dà insicurezza, mentre mostrare la complessità, dire la verità, dà sicurezza. Sembra paradossale, ma questa è la nostra convinzione.

D4 - E perché la scuola si definisce di psicoterapia psicodinamica “breve”?


 

Abbiamo scelto il nome “breve” per un motivo preciso, e precisamente perché ci interessa molto la verifica empirica degli interventi psicoterapeutici, cioè la ricerca sull’efficacia della psicoterapia. Com’è noto, la ricerca sulla psicoterapia presenta notevoli difficoltà, e uno dei principali campi di applicazione è rappresentato dalle terapie brevi, perché sono meglio studiabili. Uno dei nostri docenti si è molto occupato di quest’argomento e, tra le altre cose, anni fa ha fondato la sezione italiana della Society for Psychotherapy Research (SPR), una associazione internazionale che raccoglie tutti i ricercatori del settore. Ma il fatto che la scuola abbia questo nome non vuol dire affatto che la scuola insegni solo le cosiddette terapie brevi, tutt’altro: le terapie brevi possono essere studiate e praticate solo se si conosce bene la teoria e la pratica della psicoterapia in generale, cioè le terapie brevi sono una delle tante applicazioni della psicoterapia.

D5 - Lei ha detto che la maggior parte dei docenti sono di orientamento “psicodinamico”. Perché non ha detto “psicoanalitico”? Fate una differenza tra i due termini?


 

Per psicoanalisi si possono intendere orientamenti molto diversi tra loro, infatti, come è noto, si può dire che “la psicoanalisi” oggi non esista più, esistono “molte psicoanalisi”. Ed è per questo che volutamente usiamo il termine “psicodinamico”, ma spiego meglio in che senso lo usiamo perché ovviamente anche l’aggettivo “psicodinamico” può essere inteso in modi diversi. La nostra scuola usa il termine “psicodinamico” non in senso generico, ma preciso, cioè fa riferimento alla cosiddetta “terapia psicodinamica” (Psycho-Dynamic Therapy [PDT]), un tipo di psicoterapia che recentemente è stata definita da ricerche anche empiriche, cioè tramite l’esame dettagliato di sedute registrate e differenziandole da sedute condotte secondo altri approcci. Con questa metodologia si è riusciti a identificare sette caratteristiche, descritte con termini clinici e non teorici, che differenzierebbero in modo preciso la “terapia psicodinamica” da altri approcci. Non posso qui entrare nel dettaglio di questi studi, e devo per forza rimandare alla letteratura specializzata (si vedano per esempio le pagine 10-13 di un articolo di Jonathan Sheder, dal titolo “L’efficacia della terapia psicodinamica”, pubblicato nel n. 1/2010 della rivista Psicoterapia e Scienze Umane, dove vengono specificate queste caratteristiche e illustrate le ricerche empiriche che hanno condotto alla loro individuazione). Come vede, questo è un esempio del modo con cui la nostra scuola presta attenzione alla ricerca empirica. Ma per tornare alla sua domanda sui motivi per cui usiamo l’aggettivo “psicodinamico” invece che “psicoanalitico”, è scontato comunque che il retroterra teorico della cosiddetta “terapia psicodinamica” sia rappresentato da alcuni concetti della psicoanalisi.

D6 - Il vostro approccio è anche attento agli aspetti emotivi e al coinvolgimento dei corsisti? Accanto all'insegnamento teorico e al training clinico, la Scuola mira a curare la formazione personale?


 

Un altro aspetto importante della nostra scuola, che riteniamo tra gli aspetti caratterizzanti, è il modo con cui noi concepiamo la questione della terapia personale. Alcune scuole richiedono obbligatoriamente che lo studente faccia una terapia personale, da alcuni chiamata “analisi didattica”. Noi siamo decisamente contrari, e riteniamo che una terapia personale non debba essere “imposta”, cioè che non debba essere una costrizione. In termini psicoanalitici, se una analisi non è libera non è una analisi. Noi siamo ben consapevoli di tutti i dibattiti critici che sono avvenuti negli ultimi decenni all’interno degli istituti psicoanalitici riguardo allo spinoso problema dell’analisi didattica, e non vogliamo commettere errori fatti tanto spesso in passato (alcuni docenti della scuola, tra l’altro, hanno avuto un rapporto di collaborazione, a volte stretta, con alcuni – come Cremerius e Kernberg – tra gli esponenti più importanti del dibattito sulla formazione all’interno dell’International Psychoanalytic Association [IPA]). La nostra sfida è far comprendere agli studenti quanto sia importante una terapia personale, anche per provare sulla propria pelle cosa significa essere nel ruolo del paziente, e vedere poi, nel corso dei quattro anni, quanti studenti autonomamente e in tutta libertà decideranno di intraprendere un percorso di terapia personale.

D7 - Nell'esperienza formativa si dà molta importanza alla sperimentazione e alla pratica diretta per costruire gli strumenti spendibili nel lavoro terapeutico. In quali momenti e come si attua questo coinvolgimento?


 

Uno degli strumenti a cui viene data più importanza in questa scuola è la supervisione dei casi clinici. Tra l’altro, anche la ricerca ha dimostrato che la supervisione è uno degli strumenti maggiormente correlati con il miglioramento della tecnica terapeutica. La supervisione può essere sia individuale che di gruppo. La supervisione di gruppo è particolarmente utile perché lo studente può apprendere anche osservando la supervisione di altri allievi, e può esercitarsi egli stesso anche nel ruolo, per così dire, di supervisore, in quanto può intervenire facendo osservazioni su casi seguiti da altri. Inoltre è prevista anche un’altra metodologia, che consiste nel far discutere un caso clinico da due supervisori o docenti esperti, eventualmente di diverso orientamento, cosicché gli studenti possono imparare modalità alternative di intervento e assistere a stimolanti dibattiti sui rispettivi punti di vista. Si è pensato infine cha sia utile anche la supervisione in gruppo di casi portati da terapeuti esperti, come ad esempio i docenti, per un lavoro di analisi e confronto sulle loro modalità di conduzione del trattamento.

D8 - La scuola è dotata di una piattaforma E-learning di supporto ai moduli formativi, realizzata dal comitato scientifico-editoriale della Scuola. Quali risorse può trovare il corsista in questo sistema integrato per la formazione?


 

Un altro punto forte della scuola è la piattaforma E-learning, cioè la possibilità da parte degli studenti di accedere ai materiali didattici con facilità. Inoltre, oltre alla modalità blended con cui si intende utilizzare questa risorsa, l’attivazione di classi virtuali con gruppi di lavoro tematici permette allo specializzando il confronto e la collaborazione in un paradigma sempre più attuale di “mente collettiva e connettiva". Questa possibilità facilita molto lo studio e, tra le altre cose, abbassa notevolmente i costi per lo studente.